#SpazioTalk, Davide Rebellin: “Vorrei correre ancora l’anno prossimo, ma intanto penso a recuperare”
Davide Rebellin sta lavorando per tornare a correre. L’atleta della Work Service – Marchiol – Vega, che quest’anno è entrato nella storia come il primo ciclista 50enne a partecipare a una competizione professionistica (chiusa al decimo posto), è stato purtroppo vittima di un grave infortunio al Memorial Parco Pantani 2021, in cui una caduta gli ha provocato la frattura a tibia e perone. Il vincitore del Trittico delle Ardenne 2004 ha da allora iniziato il suo processo di riabilitazione, assistito dai medici. Durante l’ultima puntata di #SpazioTalk, la redazione di SpazioCiclismo lo ha contattato per conoscere direttamente dalla sua voce la situazione e le sue opzioni per il futuro.
Come stai? Come procede la riabilitazione dopo l’infortunio?
Va sempre meglio. Giovedì ho una radiografia di controllo. Da lì vediamo se posso iniziare a dar peso alla gamba, per ora sto ancora andando in giro con le stampelle. Faccio comunque un po’ di bici in casa, un po’ di rulli, senza forzare. Quello lo posso fare. Per iniziare a dare peso alla gamba devo aspettare le radiografie per vedere se si è fatto un danno all’osso.
La tua intenzione comunque è provarci ancora nel mondo del ciclismo?
Adesso penso di tornare al 100% fisicamente, ritrovare la mobilità della caviglia e della gamba. Poi vediamo. La mia intenzione è fare ancora qualche gara il prossimo anno, vorrei smettere in un modo differente la mia carriera. Intanto penso a recuperare bene e a riprendermi perfettamente. Il resto lo vedremo.
Nel caso hai già qualche discorso aperto con qualche squadra?
Se lo faccio, rimango con la Work Service. È nata una collaborazione che va al di là delle gare, anche con le biciclette Dynatek, che fa parte della Work Service. L’intenzione di sicuro è continuare nell’ambito della Work Service.
I tuoi risultati in corsa in questa stagione hanno dato ragione alla scommessa di entrambi. Sei soddisfatto di com’è andata, anche per il messaggio che dai continuando a correre a 50 anni?
Lo sport non è solo vittorie, ma anche dare messaggi. Bisogna dare il messaggio di uno stile di vita corretto, di amare quello che si fa e crederci sempre. È di stimolo per tanti, per i giovani che iniziano a pedalare, ma anche per gente della mia età, o un po’ più anzianotta, che fa le Gran Fondo e si diverte in bici. Penso che sia un bel messaggio, che ho il piacere di trasmettere, al di là dei risultati. I risultati sono venuti, anche se ho corso poco sono stato protagonista. Ecco, io voglio correre fino a che sono protagonista. Se vedo che corro senza fare risultati, no grazie, avrei già smesso. Ma finché mi sento bene mi fa piacere essere lì. Questo è l’infortunio più grave, più impegnativo della mia carriera. Però riparto sempre, con lo spirito di tornare al livello che avevo prima.
Che cosa vorresti dire invece alle nuove generazioni, che ottengono grandi risultati a 22/23 anni, ma potrebbero avere carriere meno durature?
È vero che i giovani sono sorprendenti, però a mio avviso sono troppo caricati di pressione. Ora si pretende tanto da loro e questo va a loro rischio, soprattutto mentale. Consiglio loro, per quanto possibile, di divertirsi. Quando c’è questa componente di fare quello che si fa con il sorriso è molto più facile e si può durare molto più a lungo. Sono cambiati il modo di correre e le metodologie, rispetto a qualche anno fa. Si chiede molto più a ragazzini e giovani, di dare tutto. Però se il ciclismo viene preso in un certo modo si può durare tanti anni. L’importante è non sobbarcarsi troppo la pressione, soprattutto in questo sport di alto livello in cui tutto è seguito al meglio per rendere al meglio.
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